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"Faccio un lavoro che di fatto non è un lavoro, direi che è un modo di vivere".

Che posto ha il lavoro nel quotidiano? Chi investe nel lavoro come nuovo stile di vita da cosa è mosso? Il lavoro può essere una pratica politica di libertà? Queste sono alcune delle domande poste alla base di una ricerca sul campo condotta tra le più innovative realtà economiche italiane, come le Reti di economia solidale con i Gas, i mercati autogestiti di "Genuino clandestino", i Centri di sperimentazione autosviluppo, per citarne solo alcune. Autorganizzazione delle produzioni, sperimentazione, relazioni di utilità – seppure non utilitaristiche – tra lavoratori-produttori e cittadini critici stanno infatti disegnando nuove forme sociali ed economiche che sono altrettanti tasselli di quelle Economie Diverse che stanno modificando dal basso il mercato attraverso contaminazioni e ibridazioni.
Ciò che sta emergendo in una molteplicità di forme non è una filiazione diretta dei tradizionali valori legati al movimento mutualistico o cooperativo e alla loro etica del lavoro: il nuovo che si sta configurando parte da una forte istanza di autonomia rispetto al sistema prevalente che i singoli protagonisti esprimono attraverso i loro differenti modi non solo di lavorare ma di vivere. Gli stessi corpi delle donne e degli uomini impegnati in questa sperimentazione vengono ingaggiati in pratiche quotidiane che incarnano principi di libertà di antica memoria, dando però vita a un nuovo alfabeto, ancora non codificato, che connette in maniera originale tradizione e innovazione, senza il peso dell'ideologia.

"Lavoro ecoautonomo" di Lucia Bertell, eleuthera 2016.

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