In Francia, nella regione delle Hautes Alpes, tra i Comuni di Gap, Embrun, Guillestre, Veynes e Barcellonette, è iniziata da 3 anni un'esperienza di distribuzione delle arance siciliane del Consorzio delle Galline Felici, seguendo pratiche già attive in altre città francesi. La cosa interessante è che ora in valle la logistica della distribuzione delle arance ha fatto da volano alla distribuzione di formaggi e verdure locali, coinvolgendo in questo modo 1.700 famiglie aggregate in 6 associazioni, su di una popolazione di 120mila abitanti.
Considerando che ogni associato acquista anche per i parenti, stiamo parlando di più del 10% della popolazione della valle (o della zona), uscendo così dalla pura testimonianza per entrare nella statistica a due cifre, con effetti sociali non indifferenti.
Questo il commento di Roberto Li Calzi del Consorzio delle Galline Felici.
È semplice, e naturale, anche.
Cosa succede ad un francese che trova delle arance buone, giuste ed economiche a Parigi? Che le vuole ogni mese anche a casa sua, a mille km da Parigi.
E come fa per averle economiche? Che si organizza con altri vicini in un’associazione nata allo scopo.
E che succede agli amici dei suoi vicini, una volta conosciute quelle arance? Che le vogliono pure loro.
Ma il numero cresce e la gestione diventa difficile e quindi l’associazione gemma e ne nasce un’altra, con lo stesso scopo, ma nel paesino vicino.
E poi un’altra e poi un’altra ancora, fino a sei, ma tra qualche settimana sette, su un territorio di 7/8mila km quadrati, con 120 mila abitanti. Tra loro in costante contatto.
In questo momento 1700 famiglie coordinate per questi acquisti, circa 10/12mila persone, considerato che ognuno fa acquisti anche per la mamma e la sorella, il 10% della popolazione di quel territorio.
E cosa fanno queste 1700 famiglie, una volta che si sono messe assieme per acquistare le arance? Ragionano di prezzo giusto, di economia solidale, di sviluppo sostenibile del loro territorio.
Territorio nel quale c’erano piccoli e piccolissimi produttori e allevatori che la globalizzazione e l’economia dei supermercati hanno spazzato via, o che resistono con grande difficoltà.
Ma adesso ci sono 1700 famiglie sensibili e coordinate con cui dialogare dei propri problemi e a cui vendere i propri prodotti, con cui co-progettare le proprie produzioni, un mercato sufficientemente largo per garantire la sopravvivenza di un bel po’ di aziende locali.
E per farne nascere di nuove, gestite da giovani che aspirano al ritorno alla terra, o per far ridare nuova linfa a quelle abbandonate.
E così rinasce una comunità dialogante su tutto, a partire dall’economia, ma che si occupa di tanti altri aspetti, dalla scuola alla cura comune dei vecchietti e dei bambini, al bene comune.
Alla politica, locale, intanto.
Vicini di casa che per anni si sono rivolti a stento un saluto, che oggi hanno molto da dirsi, partendo da “quando arrivano le arance?”, si arriva facilmente a “che facciamo per la palestra? O per la nuova scuola? E quella famiglia semi-isolata in montagna con le sue capre che fanno il nostro formaggio? È un problema suo? O è un problema nostro? Ecc ecc ecc…”.
Ma anche “ai nostri bambini a scuola vogliamo siano dati cibi giusti, locali quand’è possibile, ma anche le arance buone che mangiano a casa”. E quindi le mangiano i figli di quelli che non le acquistano. Ed in classe se ne parla.
Ci vogliono isolati, ognuno col suo carrellino della spesa e col suo desiderio dell’ultimo modello di I-phone o di SUV; a partire, banalissimamente, da una cassetta d’arance, possiamo riscoprire che la vita è ben altro, che sentirsi parte veramente attiva in una comunità è molto più appagante.
La piccola rivoluzione gentile avanza? Con i suoi passettini felpati?
Immagine tratta da http://courtjus.canalblog.com