Qui di seguito riportiamo il comunicato che il Tavolo RES ha preparato per esprimere la propria posizione nel dibattito sviluppatosi a seguito dei fatti di cronaca estivi: "Le alternative all’agricoltura industriale esistono: aiutateci a farle crescere, togliamo gli alibi alla grande distribuzione".
Da tempo si susseguono appelli che invocano una maggiore consapevolezza del mondo del consumo rispetto ai meccanismi di ingiustizia insiti nel processo di produzione agroalimentare. Condividiamo questa scelta di responsabilità sociale da più di 30 anni, non limitandoci al consumo, ma impegnandoci in pratiche di cooperazione con i produttori. Nel tempo abbiamo sperimentato insieme ad agricoltori responsabili e consapevoli l’autogestione di filiera biologiche ed etiche, reinventando a filiera corta secondo logiche di mutualismo, di rispetto dell’uomo, degli animali e dell’ambiente. Pratiche che ci hanno reso ancora più evidenti le contraddizioni del sistema agroalimentare italiano che, aldilà della retorica, continua ad essere ingiusto e insostenibile.
Riteniamo che tale iniquità trovi la sua massima espressione nella politica irresponsabile della svendita del cibo applicata in maniera generalizzata dalla grande distribuzione allo scopo di massimizzare i profitti. La pratica commerciale del “sottocosto” dei prodotti alimentari viene applicata sulle spalle dei produttori agricoli e di fatto contribuisce in modo determinante ad alimentare i meccanismi che portano allo sfruttamento nella filiera di coloro che sono più fragili e marginalizzati ed alla distruzione della stessa agricoltura, ridotta a mera fabbrica di cibo, spesso scadente.
Le alternative sono già reali e non sono assolutamente esperienze di carattere ideologico o d'élite, come spesso vengono raccontate. Queste pratiche sono per noi l'attuazione coerente dei valori e principi in cui crediamo. La loro diffusione segnerebbe la fine degli alibi per tutti coloro che ritengono questo sistema irriformabile.
Il sistema dei prezzi nella grande distribuzione viene spesso considerato come uno strumento di protezione sociale in grado di compensare l’erosione dei redditi delle famiglie, offuscando lo sfruttamento e la riduzione del cibo a merce su cui esso si basa. La compressione dei costi di acquisto è un atto che induce solo iniquità e ingiustizia e, al pari del caporalato, non può essere accettata e anzi va denunciata in modo esplicito e combattuto. Accanto a questo ci deve essere la presa di coscienza da parte dei cittadini-consumatori di quanto questo sistema li abbia impoveriti culturalmente ed eticamente, allontanandoli dal mondo contadino da cui dipende una parte importante della loro qualità della vita. È tempo che tutti tornino a comprendere il valore della produzione del cibo e stringano alleanza con chi questo valore crea e riproduce, piuttosto che con chi lo distrugge.
Foto del progetto SfruttaZero, tratta da https://www.produzionidalbasso.com/project/sfruttazero-autoproduzioni-f…
Per una rassegna su alcune filiere solidali del pomodoro vedi l'articolo di Chiara Spadaro su Altreconomia al link indicato qui sotto.