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RES

Invito a “Facciamo qualcosa di solidale!”, incontro organizzato dal Tavolo RES al NOW Festival del futuro sostenibile.
Sabato 7 maggio 2016, ore 16.30-18.00, Villa Erba, Cernobbio (CO). Di fronte agli immani problemi che questo inizio di millennio sta evidenziando (basti pensare alla cosiddetta “crisi dei migranti”, spia accesa sull’ingiustizia climatica e sociale globale), il Tavolo RES (Rete Economia Solidale) chiede al mondo dell’economia solidale e a tutte le realtà impegnate a tutti i livelli (interregionali, nazionali e globali) nell’affrontare queste sfide di cominciare ad abbandonare umilmente i propri personalismi e ad unire le forze, trovando tutte le possibili connessioni fra le diverse scale territoriali e settoriali, sia sotto il profilo teorico che delle buone prassi, come pure delle forme organizzative, per trovare insieme, proporre ed iniziare a praticare soluzioni secondo i criteri di equità, giustizia e rispetto di tutti i viventi.
Vi invitiamo a parlarne all'incontro di Cernobbio Con le due ultime edizioni di INES - Incontro nazionale dell’economia solidale - a Collecchio, 2014 “Un colpo d’ali” e a Trieste, 2015 “Sconfinamenti”, la Rete di Economia Solidale (RES) ha avviato un percorso di riflessione critica sul nostro mondo delle buone pratiche e sulla nostra capacità di rappresentare e realizzare un’altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile.
Questo lavoro di riflessione ha portato all'appello “Facciamo qualcosa di solidale!“ nel quale l’obiettivo della riterritorializzazione dell’economia ha trovato il suo punto focale nel concetto di comunità, intesa come “insieme di persone che vogliono sperimentare, nei luoghi della vita, patti fiduciari e relazioni forti, il fare e l'essere insieme; che vogliono mettere le attività economiche al servizio delle relazioni fiduciarie e solidaristiche fra cittadini”.
Ma, se da un lato costruire comunità nei luoghi della vita consente di favorire la convergenza di tante e diverse buone pratiche in un progetto/contenitore coerente, il rischio che si corre è che tale contenitore diventi a sua volta un sistema chiuso, autorefenziale, egoista. Insomma, mentre rivendichiamo come valore la nostra differenza rispetto ad altri modelli di vita, allo stesso tempo corriamo il rischio di negare il riconoscimento del diverso da noi, facendo cioè rientrare dalla finestra la forza distruttrice della buona diversità: il mercato globalizzato.
Per questo motivo all'appello “Facciamo qualcosa di solidale!“ va ora aggiunto un secondo capitolo, nel quale tutte le nostre buone pratiche e le nostre comunità si impegnano, nello sforzo di definire se stesse, a riconoscere i problemi degli altri e farli propri, non solo in teoria, ma nell’agire quotidiano. Per fare un esempio, i drammatici problemi posti dai migranti, dal clima, dal TTIP, ecc. non possono essere ignorati o diventare semplice oggetto di facili manifestazioni di solidarietà, devono invece essere assunti come indicatori di coerenza, farsi carne delle nostre buone pratiche fra l’agire locale e l’agire globale.

“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio” (Italo Calvino, Le Città invisibili).

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