Premessa
ANCI Emilia-Romagna, grazie ad un accordo di collaborazione con RER tramite l’area energia ed economia verde, è in grado di operare nei confronti dei Comuni della regione un’azione di stimolo e sostegno all’adozione di politiche energetiche attive, volta ad accelerare le necessarie modifiche agli strumenti
amministrativi dei Comuni, scambiando esempi ed esperienze. Oltre a incontri plenari di livello politico e tecnico confronti one-to-one con i Comuni/Unioni è stato da tempo attivato un notiziario telematico (Energie In Comune) in cui vengono riassunte le principali informazioni rilevanti specificatamente per
l’amministrazione comunale e i professionisti che operano per essa. Guardando all’evoluzione delle politiche energetiche locali, se l’adesione al Patto dei Sindaci è servita ad aumentare la consapevolezza nei Comuni, modificando anche le strutture organizzative e orientando le politiche, con la stagione della redazione dei nuovi PUG e relativa regolamentazione edilizia si è passati a sfruttare la leva economica delle trasformazioni territoriali per migliorare anche le prestazioni energetiche del tessuto urbano. Ora la frontiera è riuscire a far collimare i necessari adeguamenti della rete elettrica urbana da parte dei distributori con le reali esigenze di nuovi impianti rinnovabili e di pompe di calore di grande potenza. Operazione non semplice, in quanto i due mondi non si sono mai confrontati in ottica pianificatoria, ma necessaria in quanto è proprio la rete, attualmente, ad essere il collo di bottiglia del percorso. Altro fronte aperto è quello della riqualificazione degli edifici pubblici, per i quali dovrà essere concertato un piano regionale come previsto dalla direttiva EPBD4, dove è necessario e urgente intervenire su scuole (riducendo i consumi invernali e rendendole vivibili nel sempre più largo periodo estivo), RSA (estremamente energivore e quindi costose a scapito del budget per servizi) ed ERP.
CER: il punto di vista energetico
Le CER nascono come strumento per la transizione energetica. Quindi hanno successo se riescono a coinvolgere molte persone nel realizzare 3 cose:
• nuovi impianti rinnovabili più grandi di quelli necessari all’autoconsumo (perché quelli per il solo autoconsumo sono già convenienti);
• realizzare interventi di elettrificazione presso i soci, ovvero operazioni di shift dei consumi verso l’elettricità (che oggi è solo il 20% di quella che consumiamo). L’elettrificazione (=pompe di calore, piani a induzione, mobilità elettrica) di per sé porta ad una riduzione dell’energia primaria ed è
comunque necessaria in quanto la sola energia rinnovabile che possiamo produrre in quantità sufficienti è l’elettricità;
• consumare l’energia che serve quando gli impianti producono.
Se questi erano gli obiettivi chiari ed evidenti agli esperti, nel un lungo periodo (oltre 3 anni) di vuoto normativo è stata utilizzata una narrazione collettiva mistificatoria sulle CER, troppo spesso presentate come LA SOLUZIONE a qualsiasi problema energetico: povertà energetica e bollette d’incanto sparivano, o si riducevano drasticamente, grazie alle CER (ricordo a tutti che eravamo nel pieno della crisi energetica o nei mesi immediatamente successivi e quindi l’impatto di una tale narrazione è stato notevole). Narrazione a cui purtroppo non si è sottratta con la dovuta fermezza la politica, trasversalmente e a ogni livello di governo, alimentata da tutti i soggetti coinvolti nella catena del valore delle CER: consulenti, società di sviluppo fotovoltaico, multiutility, software-house….
Con l’uscita della normativa e il progressivo approfondimento del quadro economico e delle complesse procedure amministrative è cominciato il necessario bagno di realismo e il conseguente cambio di narrazione: solo le iniziative più consapevoli e robuste si sono sviluppate ed evolute. Lo dimostra l’andamento dei numeri del bando regionale che ha visto drasticamente calare progressivamente le prime richieste iniziali (125) ma che ha consentito di attivare concretamente un buon numero di iniziative (circa 70) che oggi possiamo considerare, in buona parte, solide e in grado di svilupparsi nel tempo. Anche se la lentezza del sistema è evidente: ad oggi le configurazioni di CER formalmente riconosciute dal GSE (cioè che hanno almeno un impianto attivo) in E-R sono 11.
Ma c’è da dire che si potrebbe assistere ad una rapida e significativa crescita nei prossimi mesi, stante le iniziative ancora non attivate a causa delle complessità procedurali (verifica statuti, connessione impianti, verifiche incrociate…).
CER: il ruolo dei Comuni
Il sistema ANCI (nazionale e regionale) se da un lato è sempre stato molto prudente nel coinvolgimento diretto dei Comuni nel soggetto giuridico CER, ha invece da subito stimolato i Comuni a svolgere un ruolo attivo e di sostegno delle iniziative che nascevano sul territorio comunale, con l’intento di favore nuove forme di aggregazione sociale quando non vere e proprie imprese con finalità ambientali e sociali.
Anche per questo motivo, nel luglio 2022, con l’iniziativa ANCI E-R “giacimenti fotovoltaici comunali”, sono stati stimolati i Comuni a individuare superfici pubbliche (aree o tetti) sulle quali installare impianti fotovoltaici anche da dedicare alle CER in sostegno all’attuazione dell’art 5 della L.R. 5/2022.
I Comuni che hanno comunque deciso di attivare un soggetto giuridico di cui sono soci hanno scelto diverse strade, in funzione del diverso livello di governance pubblica che intendono esercitare sulla CER:
• fondazione di partecipazione ➔ alta complessità ➔ forte governance pubblica
• associazione riconosciuta ➔ bassa complessità ➔ governance pubblica limitata
• associazione non riconosciuta ➔ forma giuridica semplice ma transitoria in attesa di evoluzione
• cooperativa ➔ forma giuridica robusta ➔ governance pubblica paritetica
Per garantire il sostegno del Comune alle CER di iniziativa privata del territorio, nel rispetto dei limiti di trasparenza ed evidenza pubblica, sono state suggerite diverse forme di ingaggio: da quelle di co-programmazione e co-progettazione previste per gli enti del terzo settore, a quelle più tradizionali di concessione del diritto di superficie o di PPP.
Spunti di riflessione per interventi a favore dello sviluppo delle CER
Molti possono essere gli interventi di sostegno di livello regionale per favorire lo sviluppo delle CER, ma probabilmente l’effetto leva maggiore lo si ottiene stimolando l’evoluzione delle CER in imprese sociali multiscopo, in un quadro più ampio di un’economia sociale.
Segnalo che nella raccomandazione della Commissione UE sull’economia sociale è esplicitamente previsto che la CER è una forma di Economia Sociale. Inoltre nel Codice del Terzo settore italiano DLgs 117/2017 è stato inserito (con DL 57/2023), proprio su iniziativa ANCI E-R sostenuta da ANCI nazionale, tra le attività di interesse generale “interventi e servizi finalizzati alla produzione, accumulo e condivisione dell’energia”.
Dobbiamo quindi pensare a nuovi soggetti economici, che riescano a tenere insieme energia, persone, territorio, acqua, cibo, ambiente e biodiversità in una visione unitaria e su quella visione costruire nuove forme di imprese che creino nuovo valore per le comunità locali. Oggi, nelle grandi transizioni in corso (ecologica, demografica e digitale) vediamo come tutto è intrecciato e non possiamo continuare solo con politiche settoriali. Si tratta di creare una nuova classe di imprenditori in grado di coniugare profit e no profit per realizzare un’economia diversa, un’economia che si affianca a quella di mercato, per rigenerare persone e territori. Per troppo tempo abbiamo pensato che il mercato fosse l’unica soluzione per diffondere benessere, salvo poi scoprire con le grandi trasformazioni in corso, che dove non arriva il mercato è necessario l’intervento pubblico e che il mercato da solo, in un’economia sempre più globalizzata, rischia di lasciare il deserto dietro di sé.
Ora i tempi sono maturi per costruire (in realtà si tratta di ricostruire) un’economia orientata al profitto collettivo, sfruttando anche le leve della transizione energetica, come quelle della tutela del territorio e delle comunità locali. Avviare una profonda riflessione in questo senso è, anche, per chi come me si occupa sul piano tecnico di Energia e Ambiente, ormai evidente: abbiamo urgente bisogno di imprenditori sociali, di incubatori di start-up di imprese sociali, di ricerca di base e applicata orientata a nuove forme di senso. Senza sottrarci al ruolo strategico del procurement pubblico locale e regionale che non dovrà più solo vedere prezzo e qualità, ma anche la realizzazione di sempre più significativi miglioramenti sociali e ambientali adottando politiche di impatto misurabili.
