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Bambuseto

Un paio di settimane fa ho partecipato alla visita della piantagione di due ettari di bambù gigante Moso al Vivaio Purpurea di Piobesi Torinese, organizzata in occasione della Giornata Internazionale del Fascino delle Piante. Il mio amico Alberto Peyron, agronomo, mentre raccontava le caratteristiche del bambuseto piantato nel 2016 e mostrava come raccogliere i germogli che avremmo mangiato, ci ha anche parlato della strategia del bambù gigante per resistere alle condizioni avverse.
Ogni canna di bambù è collegata ad una fitta rete di rizomi, organi di riserva della pianta, che si sviluppano in orizzontale sotto la superficie del terreno. I rizomi penetrano il terreno e si estendono per parecchi metri, formando un reticolo sotterraneo estremamente compatto e stabile. La loro funzione è sostenere le canne, colonizzare nuovi territori, accumulare e distribuire il nutrimento. I rizomi hanno un apice vegetativo molto resistente per penetrare nel terreno; quando trovano un ostacolo troppo duro si incurvano e creano una gobba che può venire fuori; in questo caso in superficie vediamo una radice che esce e rientra nel terreno formando un laccio, come fosse il manico di una borsetta interrata o una trappola, un’occasione d’inciampo per chi non guarda la terra dove mette i piedi.
In primavera, per un paio di mesi ogni anno, dai rizomi sotterranei si differenziano in grande quantità i germogli che escono dal terreno e crescono in altezza con una velocità impressionante, formando così le nuove canne.

Bambu

- Rizomi e germogli -

Il bosco di bambù è formato da numerose piante, ognuna di queste è composta da più canne, collegate dai rizomi, che possono essere distanti anche diversi metri tra di loro. La rete dei rizomi crea una piattaforma nei primi 40-50 cm di terreno che contribuisce a stabilizzare i pendii e a proteggere dall’erosione prodotta dalle acque, dai venti forti o dagli smottamenti. Quando piove, questo zoccolo assorbe l’acqua e la mantiene per i periodi di siccità.
Dopo un periodo di circa 80-100 anni una pianta fiorisce e, per rendere possibile lo sviluppo delle nuove plantule, normalmente muore dopo la fioritura; dai suoi semi nasceranno nuove piante, rimescolando il patrimonio genetico.
Gli altri alberi basano la loro stabilità sulle proprie radici e sulla loro profondità, resistendo al peso della neve o al forte vento fino a quando i rami, il tronco o le radici non si spezzano. Il bambù adotta una strategia diversa, affidandosi non tanto alla profondità delle radici della singola pianta, ma alla sua flessibilità e alla estensione dell’intreccio dei rizomi delle diverse piante.
In seguito ad una forte nevicata, Alberto aveva notato che il bambuseto era molto più basso: le canne si erano piegate sotto il peso della neve ma erano rimaste ancorate alle radici. Quando la neve si è sciolta, le canne sono tornate in piedi come delle molle, sostenute dal reticolo sotterraneo.
Il bambuseto ospita diversi animali e fornisce un po’ di rinfresco nei periodi molto caldi; inoltre, assorbe dall’atmosfera una quantità di anidride carbonica superiore a quella delle piante comuni.

Vi ho raccontato tutto questo perché trovo che la strategia di resistenza del bambù alle avversità, come la siccità, la neve o il vento, possa essere una fonte di ispirazione. Ho però scoperto di non essere il primo a prendere come riferimento l’intreccio dei rizomi; l’aggettivo rizomatico viene utilizzato per definire uno sviluppo orizzontale sotterraneo senza gerarchia che si mostra carsicamente in superficie, un’opera che tratti temi differenti più attenta alla connessione che non all’approfondimento, o l’organizzazione di squadre di lavoro pienamente indipendenti. Il pensiero rizomatico, introdotto in filosofia da Deleuze e Guattari, si sviluppa attraverso connessioni di elementi eterogenei senza un ordine preventivo, è in grado di stabilire connessioni produttive in qualsiasi direzione, e valorizza l’ampiezza di pensiero piuttosto che la sua profondità.
Come utilizziamo il termine radicale, penso che dovremo presto abituarci a rizomatico, per le strategie che ci suggerisce per attraversare il passaggio d’epoca che stiamo vivendo.

In questi mesi, in occasione del trentennale dei Gruppi di Acquisto Solidale (Gas), diversi incontri invitano a riflettere su come i Gas e l’economia solidale dovrebbero ripensarsi per fronteggiare le diverse crisi che la nostra società sta attraversando.
Se da una parte i Gas e l’economia solidale hanno costruito un patrimonio di valori e di pratiche che mettono al centro la solidarietà e l’equità, tutto questo appare insufficiente rispetto alla portata delle questioni aperte; si ripetono gli appelli a partecipare ad azioni che portino allo scoperto le contraddizioni in cui siamo immersi per chiedere un intervento alla politica o ai poteri forti. Allo stesso tempo, l’evoluzione verso il “capitalismo delle piattaforme” (qualcuno lo definisce “tecnofeudalesimo”), con una concentrazione enorme di potere in poche mani grazie alla rendita da proprietà, ci fa apparire spuntate le armi della politica.
Se abbiamo capito che di fronte alle situazioni ostili la legge della solidarietà è quella che consente di vivere meglio, il bambù ci fornisce delle strategie di resistenza. Vedo i Gas e le altre pratiche degli stili di vita come i rizomi che si sviluppano in estensione sotto la superficie; a questi si ancorano le canne che crescono verso l’alto e costituiscono la parte visibile: i produttori, le filiere, le campagne, i progetti, le attività economiche.
La resistenza della foresta alle avversità si basa sull’intreccio sotterraneo tra le diverse piante; le canne catturano la luce del sole con le loro foglie, ma si sostengono su di una rete di rizomi fitta ed estesa; sono questi a distribuire il nutrimento e scavare il terreno. La foresta dà riparo agli animali e protegge l’ambiente in cui cresceranno i semi di una pianta che da poco ha fiorito e presto morirà. La forza della foresta sta nell’estensione dell’intreccio e delle connessioni sotterranee, nel sostegno reciproco tra la parte visibile e quella invisibile.
Penso che il ruolo dei Gas sia mantenere ed estendere lo strato vitale sotterraneo, penetrando nuovi terreni e portando nutrimento ai germogli che in primavera crescono verso la luce del sole. Questo strato è necessario per resistere, conservare la vita e trasmettere il nutrimento.
L’uomo che piantava gli alberi in tempo di guerra aveva continuato da solo, imperturbabilmente, a piantare querce che dieci anni dopo formavano una foresta impressionante di undici chilometri. Le reti ed i reticoli dei gruppi e delle organizzazioni che costruiscono un mondo equo e sostenibile, connessi e intrecciati tra loro, attraversano l’epoca tecnofeudale conservando la vita e nutrendo i germogli.

Andrea Saroldi, 28 aprile 2024
Foto di Alberto Peyron e Andrea Saroldi

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