Salta al contenuto principale

Iscritto da

9 years 11 months
redazione ,
897
Souvenir da Porto Alegre

Il termine rete oggi viene utilizzato secondo contesti e significati molto diversi, ma quando parliamo di reti e distretti di economia solidale intendiamo una radice ed una accezione precise.
In particolare, il termine Distretto di Economia Solidale (DES) è specifico dell'esperienza italiana, ed è il frutto di motivazioni storiche e di incontri tra persone e concetti; finché la memoria mi sostiene, credo possa essere utile ripercorrerne la storia per comprendere meglio il significato e la forza del suo sogno.

Andrea Saroldi, 2 giugno 2015.

L'antefatto
Correva l'anno 2002, con la rete dei Gruppi di Acquisto Solidale (Gas) – attiva dal 1997 – e la Rete di Lilliput (1999) stavamo sperimentando le potenzialità di questa forma organizzativa. A gennaio ho avuto la fortuna di partecipare al secondo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, in cui sono rimasto profondamente colpito da quanto l'economia popolare e solidale fosse credibile come alternativa al turbo-capitalismo. Concludevo il mio articolo su Altreconomia [Saroldi 2002] in questo modo: “Questa è insieme una promessa ed una scommessa: sentirete parlare ancora (e spesso) di Economia Solidale”. Al ritorno da Porto Alegre la mia valigia conteneva una copia dell'edizione originale in portoghese della “Rivoluzione delle reti” di Euclides Mance [1999], ancora non sapevo quanto quel souvenir fosse prezioso.
A maggio abbiamo tenuto al Parco Storico di Monte Sole a Marzabotto (BO) il convegno nazionale dei Gas (all'epoca i Gas censiti erano un centinaio), dedicato al tema del progetto locale, riflettendo insieme ad Alberto Magnaghi che ci invitava così: “ora è possibile costruire progetti locali precipitando sul territorio reti di diversi soggetti attivi”. Tra i Gas si registrava una grande vitalità nella costruzione di progetti legati al territorio, ma allo stesso tempo la volontà di allargare lo sguardo al mondo cercando un “punto di equilibrio tra il radicamento locale e le spinte esogene, conservando le caratteristiche di una rete completamente distribuita” [Saroldi 2002].
Abbiamo così pensato che la strategia delle reti descritta da Euclides, che consente di integrare elementi e soggetti diversi in una trasformazione comune, di autosostenersi, e di adattarsi e rispondere plasticamente al contesto, potesse essere lo strumento adeguato per cercare quel punto di equilibrio tra l'attenzione al progetto e alla comunità locali insieme ad uno sguardo più ampio rivolto alla costruzione di risposte di portata globale. Questa ricerca accompagnerà tutta la storia dei DES.

L'inizio
Quell'estate ho provato a leggere il libro in portoghese, pur senza conoscerlo. La visione proposta da Euclides è stata “una sorta di illuminazione” [Guadagnucci 2007], in quanto fornisce una prospettiva praticabile a partire dall'esistente: “Mance immagina reti del bem-vivir che nascono e si allargano all'interno del sistema economico dominante, come delle enclaves in cui si producono beni, servizi e cultura. La prospettiva è un progetto politico di superamento del capitalismo” [Guadagnucci 2007]. In queste reti, non circolano solo idee ed informazioni, ma anche beni e servizi che sostengono la rete stessa attraverso la soddisfazione dei bisogni dei diversi soggetti. Questa visione consente di incastrare con in un mosaico la ricchezza delle mille esperienze già attive in Italia (gruppi di acquisto, cooperative di produzione, fornitori di servizi, agricoltori, associazioni, filiere, etc.) per aumentarne l'efficacia in una prospettiva di trasformazione storica articolando le reti su diversi livelli dal locale al globale [Saroldi 2003].
Con questo ritornello in testa sono arrivato al seminario di ottobre a Verona sulle “Strategie di rete per l'economia solidale”, organizzato insieme al gruppo di lavoro tematico della Rete di Lilliput con circa 130 partecipanti dalle diverse realtà dell'economia solidale. Lì, insieme ad una panoramica sulle reti di economia solidale nel mondo e ai loro saluti, abbiamo condiviso l'interesse per questa prospettiva strategica, e chiedendoci come procedere abbiamo coniato il termine Distretto di Economia Solidale (DES) per indicare una rete locale di economia solidale: “Mentre alcuni hanno segnalato la necessità di approfondire e sistematizzare la riflessione teorica, altri hanno sottolineato la necessità di sperimentare circuiti economici locali (distretti) creando in questo modo degli esempi” [Lilliput 2002].
Il termine è nato in questo modo, dal confronto su come avviare la sperimentazione delle reti di economia solidale a partire dai territori in una prospettiva insieme locale e globale, ereditando dall'approccio geografico il termine distretto per indicare la vocazione di un territorio e l'utilizzo coordinato delle sue risorse materiali e sociali verso un obiettivo comune che lo caratterizza.
Dall'incontro di Verona nasce il gruppo di lavoro RES che si occuperà di redigere la “Carta RES” presentata a Padova nel 2003, in cui i distretti costituiscono la proposta portante: “Nel processo di attivazione della RES riteniamo strategica l'attivazione, a partire dai territori, di "distretti di economia solidale" (DES). Tali distretti si configurano quali "laboratori" di sperimentazione civica, economica e sociale, in altre parole come esperienze pilota in vista di future più vaste applicazioni dei principi e delle pratiche caratteristiche dell'economia solidale” [RES 2003].

La sperimentazione
Diversi territori hanno accettato di sperimentare, ed ora sono circa una cinquantina, con livelli e accezioni diverse, le esperienze che si richiamano direttamente alla prospettiva dei distretti e delle reti di economia solidale. Una rassegna delle esperienze avviate e collegate a questa prospettiva si trova nei libri curati dal Tavolo RES [2010, 2013], che è l'evoluzione del gruppo RES in cui la partecipazione dei singoli è stata sostituita da quella dei nuclei di distretto che nel frattempo sono stati avviati.
L'utopia raccontata dai distretti ha mostrato una forte presa a livello dell'immaginario, perché fornisce una alternativa credibile e praticabile perché già attiva, come scrive Marco Servettini: “La RES in questi anni ha prodotto un immaginario fortissimo, che ha innescato progetti e processi, a mio avviso grazie alla capacità di prendere in carico “parole chiave” e filoni di intervento che sono nati all’interno della riflessione “no global”: filiere, sovranità, agricoltura, energia, transizione, decrescita, sostenibilità...” [2015].

Le problematiche
Questa attivazione ha però portato con sé, oltre a molte esperienze significative, anche diversi nodi su come immaginiamo e pratichiamo la transizione; provo a riassumere i principali.
Le esperienze di distretto sono estremamente fragili, hanno bisogno di essere facilitate e sostenute, e non è facile trovare le risorse.
I distretti sono nati come un'esperienza di auto-organizzazione della società, in cui convivono idee diverse su quali dovrebbero essere i rapporti con le istituzioni, in particolare gli Enti Locali; oltretutto, spesso le estensioni geografiche dei DES per come si vengono a formare non trovano un territorio corrispondente dal punto di vista della geografia amministrativa, anche se spesso la dimensione della Provincia è quella più vicina. Ora spesso questo rapporto viene portato avanti dalle reti regionali, che ove sono presenti si organizzano secondo i confini amministrativi.
La costruzione dei distretti si intreccia naturalmente con la costruzione di comunità territoriali capaci di futuro (dal titolo dell'incontro nazionale del 2012 a Venezia) rivolte a tutti i cittadini che abitano il territorio, non solo a produttori e consumatori che già partecipano, ma non è chiaro in quali forme i cittadini dovrebbero essere coinvolti. Inoltre, non è facile capire come queste comunità possano effettivamente essere aperte e collaborative verso gli altri territori ed attuare la ricerca di quel difficile equilibrio tra locale e globale.
Alcune di queste difficoltà possono essere ricondotte anche al fatto che, mentre tra Gas e produttori esiste oramai una certa esperienza su come trovare soluzioni collaborative attraverso la relazione diretta, non è facile capire come cercare soluzioni di questo tipo ad una scala più ampia – a partire da quella distrettuale – dove non è possibile per le dimensioni coinvolte avere una relazione faccia a faccia tra tutte le persone coinvolte, ad esempio, in una filiera; da qui la necessità di pensarsi insieme.
Inoltre, le diverse esperienze di economia solidale soffrono di una difficoltà cronica a comunicare, anche solo per raccontarsi. Esiste un patrimonio incredibile che fa però  fatica a presentarsi e a raccontare il senso delle proprie attività, forse per una certa comprensibile modestia per la sproporzione rispetto ai compiti necessari a superare la transizione storica in cui si troviamo.
D'altra parte però, senza negare le difficoltà, questo sogno e questa strategia stanno raccogliendo grossi risultati, come testimoniano le mille esperienze di sportelli informativi, guide, fiere, filiere, campagne, organizzazioni, piccola distribuzione organizzata, collaborazioni, campagne e leggi regionali; un mondo che ancora sottovaluta la trasformazione che sta portando e quanto l'economia collaborativa stia fornendo risposte e rosicchiando l'egemonia di quella competitiva.
Il distretto è un'arca, che ci consente di utilizzare il materiale di cui già disponiamo per galleggiare ed avviare la traversata, sperimentando la ricchezza della vita nell'era post-petrolio.
Penso sia importante provare a raccontare quanto stiamo facendo e il sogno che ci anima, per questo motivo abbiamo avviato il sito www.economiasolidale.net dove ci potremo ritrovare durante le prossime tappe di questo viaggio.

Riferimenti
[Guadagnucci 2007] – Lorenzo Guadagnucci, “Il nuovo mutualismo”, Feltrinelli 2007, pp. 34-35.
[Lilliput 2002] – Atti del seminario promosso dal GLT Impronta Ecologica e Sociale della Rete di Lilliput “Strategie di rete per l'economia solidale”, Verona, 19 ottobre 2002.
[Mance 1999] – Euclides André Mance, “A revolução das redes”, Vozes 1999; “La rivoluzione delle reti”, EMI 2003.
[RES 2003] – “Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale (RES)”, maggio 2003.
[Saroldi 2002] – Andrea Saroldi, “Soffia da Sud il vento dell'economia solidale”, Altreconomia Luglio/Agosto 2002.
[Saroldi 2003] – Andrea Saroldi, “Costruire economie solidali”, EMI 2003.
[Servettini 2015] – Marco Servettini, intervento al seminario del Tavolo RES, Monza, 21-22 marzo 2015.
[Tavolo RES 2010] – A cura del Tavolo RES, “Il capitale delle relazioni”, Altreconomia 2010.
[Tavolo RES 2013] – A cura del Tavolo RES, “Un'economia nuova, dai Gas alla zeta”, Altreconomia 2013.

Foto di Andrea Saroldi: "Souvenir da Porto Alegre".
Questo articolo è stato pubblicato inizialmente sul blog "Manualetto di benvivere" sul sito volontariperlosviluppo.it, ora non più disponibile; è stato utilizzato come contributo alla dispensa della scuola “I dialoghi di San Giovanni” che si è tenuta a Trieste dal 17 al 19 giugno 2015 in occasione dell'incontro nazionale dell'economia solidale INES 2015.
Le dispense sono state poi riviste e pubblicate nel libro "I dialoghi dell'economia solidale".

Autore: